Sergente Stubby

In occasione dell’uscita del nostro ultimo libro, Americani nella Grande Guerra, e del centenario dalla fine della Prima Guerra Mondiale, dedichiamo questo articolo a un soldato un po’ particolare che ha preso parte ai combattimenti in Francia fra il 1917 e il 1918 insieme al contingente americano: il sergente Stubby. Uscito da Yale, Stubby sarà impegnato in alcune azioni di salvataggio, si distinguerà per gesti coraggiosi, e dopo la guerra incontrerà addirittura tre presidenti (Wilson, Harding e Coolidge) oltre a John J. Pershing, il generale a capo del corpo di spedizione americano. Ciò che contraddistingue Stubby dai quasi tre milioni di soldati americani inviati in Francia durante la Grande Guerra è che, bè, è un cane.


Mentre Woodrow Wilson dichiarava guerra alla Germania, il 6 aprile 1917, Stubby vagabondava dalle parti di New Haven, Connecticut. Non sappiamo quasi nulla della sua vita prima della guerra. Sappiamo solo che appena nato era venuto in contatto con umani, perché, come si usava fare ai Boston terrier, la razza di Stubby, gli era stata tagliata la coda. Probabilmente ha fra uno e due anni, quando le truppe della Guardia Nazionale del Connecticut, unità che poi diventa il reggimento 102° Fanteria, si stabiliscono sui campi sportivi dell’Università di Yale. Insieme agli uomini arrivano anche cucine da campo e una grande quantità di cibo, una manna per un cane randagio come Stubby.

Gli uomini del 102° prendono subito in simpatia il cane, che però sceglie un soldato in particolare come amico e compagno di avventure, Robert Conroy. Conroy aveva 25 anni e veniva da New Britain, Connecticut. Si era arruolato poco dopo la dichiarazione di guerra ma aveva già prestato servizio per quasi un anno nella guardia nazionale. La sua esperienza però non è sufficiente. L’esercito americano non è preparato ad affrontare un nemico come la Germania, è necessario addestrarsi. Gli uomini del 102° devono dunque usare il campo di Yale non solo per le cucine, ma anche per esercitazioni e manovre.

Il sergente Stubby
Il sergente Stubby

Nel giro di poco Stubby impara a riconoscere i vari squilli di tromba che scandiscono la giornata all’accampamento militare: i segnali per la sveglia, per la ritirata e, ovviamente, per i pasti, i suoi preferiti! Ma impara anche a marciare con le truppe e incredibilmente a fare il saluto militare. Ogni volta che un soldato si esibiva in questo gesto, Stubby ricambiava mettendosi in piedi sulle zampe posteriori e alzando la zampa destra fino alla testa, un trucco che gli era stato probabilmente insegnato da Conroy e che più avanti avrebbe risparmiato a entrambi una lavata di capo. Quando il reggimento viene inviato in Francia, Conroy decide di portare Stubby con sé, ma gli manca il permesso dei suoi superiori. Lo nasconde sulla nave, e prima dello sbarco i suoi compagni fanno di tutto per distrarre gli ufficiali e permettere a Conroy di scendere a terra con il cane nascosto in una coperta. Nessuno, nel 102°, voleva rinunciare alla mascotte. Poco dopo Stubby viene scoperto, come è facile immaginare, ma proprio esibendosi nel saluto militare riesce a salvare sé stesso e il suo amico umano. L’ufficiale si intenerisce e decide di perdonare sia Stubby che Conroy.

Ma gli uomini del 102° erano andati in Francia per combattere una guerra e, vista la mancanza di preparazione delle truppe americane, non c’era tempo da perdere, bisognava procedere a ritmo serrato con gli addestramenti. Il reggimento viene posto sotto la 26ª Divisione, soprannominata Yankee Division, o YD, poiché i soldati venivano tutti dal New England1. Il corpo di spedizione americano comincia ad addestrarsi con fucili e cannoni. Racconti successivi ci dicono che Stubby “non ha mai sussultato sotto il fuoco” (Washington Post, 1925), ma anche che i colpi dell’artiglieria “lasciarono il povero, dimenticato Stubby tremolante e instabile su tutte e quattro le zampe” (Hartford Courant, 1919). È probabile, soprattutto visto il coraggio che avrebbe dimostrato Stubby durante la guerra, che siano vere entrambe le cose. Se prima aveva paura, con il tempo comincia ad abituarsi ai colpi di armi da fuoco intorno a lui.

In questa fase di addestramento Stubby rimane sempre al fianco di Conroy, che nel frattempo era stato incaricato di recapitare gli ordini ai vari reparti della divisione. La coppia ha anche l’occasione di visitare il luogo natale di Giovanna d’Arco a Domremy2. Qui Stubby si guadagna la prima medaglia, conferitagli dalla popolazione locale in ricordo della sua graditissima visita. E in seguito riceverà altri doni da parte dei francesi: il “cappottino” su cui verranno appese le medaglie e i souvenir dai campi di battaglia gli verrà confezionato e regalato da una donna di Château-Thierry.

Uno degli elementi caratterizzanti della Grande Guerra è l’uso di gas tossici a scopo bellico. Dall’iprite, così chiamato dalla città belga di Ypres, dove è stato usato la prima volta, all’uso di combinazioni diverse di gas (ad esempio, un gas nauseante che obbligava a togliere la maschera antigas seguito da uno letale), queste armi furono introdotte dai tedeschi ma usate da tutte le parti coinvolte su tutti i fronti e causarono numerosissime vittime. Anche gli animali, in particolare cavalli e cani, sono rimasti vittime dei gas. I francesi usavano i cani per portare munizioni e messaggi fra le diverse postazioni del fronte, e avevano creato delle maschere antigas appositamente per loro. Conroy si premura quindi di chiedere a un francese una di queste maschere e addestra Stubby a tenerla addosso in caso di pericolo. Stubby tuttavia fa molto di più: con il suo fiuto canino è in grado di rilevare la presenza di questi gas prima degli uomini e, appena fiuta qualcosa di strano, con il suo abbaiare dà l’allarme. In un’occasione Stubby sveglia un soldato addormentato durante un attacco con il gas salvandogli molto probabilmente la vita.

Nel giro di poco Stubby sviluppa un’altra abilità utile all’esercito americano: recuperare i feriti sul campo di battaglia. Per i medici distinguere i morti dai feriti non era un compito facile, e il fiuto canino si rivela prezioso. Una volta trovato un soldato ferito Stubby andava a chiamare i soccorsi oppure abbaiava finché il suo richiamo non veniva udito da qualcuno. E se il soldato in questione era in punto di morte Stubby rimaneva a fargli compagnia così che non avrebbe passato gli ultimi momenti da solo.

Il 12 settembre 1918 gli americani danno inizio all’operazione di St. Mihiel. In questo attacco vengono catturati numerosi tedeschi, ormai stanchi di combattere. A Stubby era stato insegnato a riconoscere i nemici (per dare priorità ai soldati alleati feriti), e ogni volta che passava una colonna di prigionieri tedeschi bisognava mettergli il guinzaglio, altrimenti questi sarebbero sicuramente arrivati ai campi di prigionia privi della parte inferiore della divisa. Gli eventi al riguardo non sono chiari e quindi, usando un po’ di immaginazione, possiamo pensare che Stubby fosse entrato in competizione con i suoi commilitoni riguardo al numero di tedeschi catturati. Intorno al 26 settembre sta pattugliando il fronte quando ecco che vede un soldato tedesco disarmato che, alla vista del cane, urla “Kamerad! Kamerad!”, espressione che gli alleati credevano volesse dire “mi arrendo”. Stubby però non sa il tedesco (o forse porta ancora rancore per la ferita causatagli qualche mese prima da una granata) e si avventa sul nemico azzannandogli i pantaloni, e forse anche qualcos’altro. Nel frattempo alcuni soldati americani avevano sentito abbaiare e si erano diretti sul posto, così da aiutare Stubby a catturare il suo prigioniero. Il tedesco si era guadagnato la croce di ferro, medaglia che per “diritto di cattura” ora andava a Stubby, il quale l’avrebbe portata, probabilmente contravvenendo al regolamento dell’esercito tedesco, in un posto ben poco lusinghiero, il fondoschiena.

Il 2 novembre 1918 Stubby e Conroy vengono colpiti dal gas. Niente di grave ma sono costretti ad andare in un ospedale delle retrovie. Poco più di una settimana dopo, l’11 novembre, alle 11 in punto, la guerra finisce. Niente più gas, niente più trincee e Terra di Nessuno, niente più filo spinato da tagliare di notte. Gli uomini della 26ª Divisione hanno passato 193 giorni al fronte. Fra le divisioni americane, solo la 1ª Divisione, il Grande Uno Rosso di cui fa parte anche Theodore Roosevelt Jr., passa più tempo (220 giorni) nelle trincee.

Nell’arco di quasi un anno tutte le truppe americane vengono rimpatriate. Prima di tornare a casa la coppia riceve però una piacevole visita natalizia: quella del presidente Woodrow Wilson. Venuto in Europa per promuovere la sua visione di pace e la Lega delle Nazioni, Wilson fa visita alle truppe, tra cui gli uomini della 26ª. In questa occasione incontra Stubby, a cui stringe la zampa! Dopo essersi imbarcati sulla USS Agamemnon (che prima della guerra era stata una nave tedesca, la Kaiser Wilhelm II!), questa volta senza doversi nascondere dalle autorità Stubby e Conroy fanno rotta verso casa. Una volta tornati in America gli uomini della Yankee Division sfilano in parata a Boston, dove incontrano il governatore del Massachusetts, Calvin Coolidge. Coolidge diventerà poi presidente degli Stati Uniti e Stubby lo rincontrerà alla Casa Bianca.

Prima di far visita a Coolidge, Stubby alla Casa Bianca aveva incontrato anche il suo predecessore, Warren G. Harding. Harding si congratula con i veterani di ritorno dalla Grande Guerra paragonandoli agli uomini che avevano contribuito all’indipendenza americana nel 1775 e a quelli che avevano difeso l’Unione del 1861. “Non è solo un dovere… è un privilegio vedere che i sacrifici fatti vengano ricompensati, e che coloro che ancora soffrono a causa di infortuni e disabilità vengano ampiamente aiutati”3. È la stessa cosa su cui puntano nuove istituzioni come l’American Legion, di cui Theodore Roosevelt Jr. fa parte, la YMCA e l’American Red Cross. Anche Stubby è un membro di queste organizzazioni, e la sua tessera (a vita, a differenza di quella per umani che durava tre mesi) era “valida per tre ossi” al giorno e un posto dove dormire in caso di necessità. Fra gli uomini al fronte si era venuto a creare un cameratismo che sarebbe continuato anche dopo la guerra. Se non era lo Stato a prendersi cura dei veterani, allora sarebbero stati gli stessi veterani ad aiutarsi fra loro. Nonostante le buone intenzioni di uomini come Harding e Theodore Roosevelt Jr., infatti, il governo federale si dimostra lento nel fornire supporto ai veterani della Grande Guerra. Con il GI Bill di Franklin Delano Roosevelt, dopo la Seconda Guerra Mondiale le cose sarebbero state ben diverse.

Uno dei maggiori problemi per coloro che tornavano dal fronte era quello che oggi chiameremmo PTSD, Post Traumatic Stress Disorder, o disturbo da stress post-traumatico, di cui allora si sapeva ben poco. Molti veterani non riuscivano a superare i traumi che avevano vissuto in trincea, dove nel fango, al freddo, con l’artiglieria nemica o un assalto della fanteria che potevano irrompere da un momento all’altro, senza preavviso, avevano assistito alla morte di così tanti compagni. Anche se in forma lieve, Robert Conroy molto probabilmente soffriva di questo disturbo. Non lo sapeva, ma Stubby lo avrebbe aiutato a superare le difficoltà che può incontrare un veterano di ritorno dalla guerra. Oggi infatti sappiamo che la pet-therapy può essere molto utile per far fronte a queste situazioni, ma allora gli studi erano ancora agli albori. Forse perché credeva di non meritarle o forse perché pensava che le meritasse di più il suo compagno di avventure, Robert dona tutte le sue medaglie a Stubby e così facendo fa vivere per sempre nella memoria della gente le azioni eroiche di un cane che ha partecipato alla Grande Guerra. In patria la fama di Stubby non fa che aumentare: alle riunioni dell’American Legion e alle parate di veterani è spesso presente. Viene addirittura insignito di una medaglia tutta sua dal generale John J. Pershing in persona. Star di alcuni show di vaudeville, diventa poi mascotte di una squadra di football. Ma non può vivere per sempre, e se lui era stato vicino ai soldati morenti al fronte, Conroy sarà al fianco di Stubby nell’ultima ora, nel 1926. Una vita piena, passata a fianco del suo amico e compagno d’armi.

Il generale Pershing (a sinistra) assegna una medaglia a Stubby. Robert Conroy (a destra) è visibilmente orgoglioso
Il generale Pershing (a sinistra) assegna una medaglia a Stubby. Robert Conroy (a destra) è visibilmente orgoglioso (Smithsonian Institute – National Museum of American History)

Conroy fa imbalsamare Stubby e lo dona prima all’American Red Cross, poi allo Smithsonian Museum, dove si trova tuttora (nonostante non sia sempre in mostra). Può sembrare un tantino bizzarro, ma non è la prima volta che un animale di guerra viene imbalsamato. I cavalli dei generali Stonewall Jackson e Philip Sheridan (il primo confederato, il secondo unionista) erano stati imbalsamati, così come Cher Ami, il piccione viaggiatore che aveva portato il messaggio che avrebbe salvato il “Battaglione Perduto” dal fuoco amico durante l’offensiva delle Argonne. Perché non Stubby?

E Stubby non è stata l’unica mascotte della Grande Guerra: Rin Tin Tin, il cane-attore, era stato trovato ancora cucciolo durante la battaglia di St. Mihiel da un soldato americano; Winnie (famoso per aver dato il nome a Winnie the Pooh) era un cucciolo di orso canadese portato a Londra e poi diventato la mascotte del Royal Canadian Army Veterinary Corps; Fanny, una capra che mangiava di tutto, altra mascotte della 26ª Divisione, era stata trovata in Francia e salvata da un cuoco; e molti altri. I marines lottarono così ferocemente durante la battaglia di Belleau Woods che i tedeschi li chiamarono teufel hunden, cani del diavolo, così dal 1922 e ancora oggi (ovviamente con diverse incarnazioni à-la-Doctor Who) i marines hanno come mascotte un bulldog.

Durante la Grande Guerra l’esercito americano non aveva ancora un reparto dedicato all’addestramento dei cani. A partire dalla guerra mondiale successiva, tuttavia, numerosi cani seguiranno le orme di Stubby, aiutando a rilevare i pericoli, portando conforto ai feriti, o pattugliando il fronte. Più di 12.000 cani hanno prestato servizio durante la Seconda Guerra Mondiale, 4.000 in Vietnam, e più di 2.500 in Afghanistan e Iraq. I cani che hanno prestato servizio in queste guerre hanno anche un loro memoriale, presso l’Hartsdale Pet Cemetery, a Hartsdale, New York.

Per ricordare le loro azioni ci sono inoltre numerosi film, tra cui il bellissimo Megan Leavey (2017), che si svolge durante la guerra in Iraq ed è basato su una storia vera. (No, non sto piangendo, è che mi è entrato qualcosa nell’occhio). Ed è da poco uscito un film animato proprio sul nostro eroe, Sgt. Stubby! In Italia non è uscito (e non sembrano esserci notizie al riguardo), ma a giudicare dal trailer i realizzatori sembrano aver fatto un buon lavoro. Come si diceva, serve un po’ di immaginazione, ma per apprezzare il contributo dei nostri amici a quattro zampe nemmeno poi tanta, i fatti concreti ci dimostrano già quanto questo sia prezioso.


Note

1. In Italia e in molti altri paesi si usa definire “yankee” tutti gli americani, ma negli Stati Uniti il termine si riferisce agli abitanti del New England (Maine, Vermont, New Hampshire, Massachusetts, Rhode Island e Connecticut).

2. Oggi Domremy-la-Pucelle, in onore proprio della Pulzella d’Orleans, Giovanna d’Arco. Anche Theodore Roosevelt Jr. visita il paese durante la guerra.

3. Warren G. Harding, «July 22, 1920: The American Soldier», Miller Center, 22 luglio 1920, https://millercenter.org/the-presidency/presidential-speeches/july-22-1920-american-soldier.

Bibliografia

Bausum, Ann, Sergeant Stubby: How a Stray Dog and His Best Friend Helped Win World War I and Stole the Heart of a Nation, National Geographic, 2014.